Esperienze lavorative |
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Diploma superiore | Liceo Scientifico |
Anno di laurea | 2022 |
Tesi di laurea | "Integrare, ottimizzare, costruire: Capo d'Orso all'ombra del granito. Recupero dell'ex batteria militare attraverso un approccio multi-obiettivo improntato al territorio e al benessere coniugando architettura e ingegneria." - Relatore: Prof.ssa Laura Malighetti |
Premi della laurea |
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Perché hai scelto di studiare Ingegneria Edile-Architettura?
Il motivo che mi ha portato a scegliere Ingegneria Edile-Architettura è legato principalmente a due fattori, il primo è che l’architettura mi ha sempre affascinato in quanto disciplina che raccoglie le esigenze delle persone e cerca di dare una risposta formale e tangibile, il secondo è che mi piace essere in grado di risolvere problemi concreti. Questi due lati, uno legato alla professione architettonica e l’altro alla capacità ingegneristica mi hanno spinto a scegliere questa facoltà. Un altro motivo per cui ho scelto questo indirizzo è proprio l’idea di poter padroneggiare a 360° la disciplina professionale sapendo risolvere problematiche in maniera organica e non conflittuale.
In quale modo ti è stato utile in ambito lavorativo avere competenze sia ingegneristiche che architettoniche?
Lavorando nel campo dell’edilizia storica mi capita spesso di dover risolvere problemi attuali in contesti molto delicati quali edifici vincolati, o che presentano stati di conservazione critici. In questi contesti è facile incontrare trade off tra le esigenze ingegneristiche e le istanze architettoniche, tuttavia, padroneggiando entrambe le discipline è molto più semplice trovare risposte ai problemi. Un altro vantaggio è legato alla sensibilità architettonica sviluppata nell’arco dei 5 anni, infatti, poter padroneggiare i criteri compositivi, storici e architettonici è fondamentale per rispondere alle esigenze ingegneristiche senza compromettere il pregio architettonico degli edifici su cui ho la possibilità di lavorare.
Quali difficoltà hai incontrato durante i cinque anni di studio e come le hai superate?
Ingegneria Edile-Architettura è un percorso impegnativo che va affrontato con la giusta motivazione e metodo di studio, le criticità maggiormente incontrare sono legate alla necessità di mantenere un ritmo costante ed alla capacità di assorbire un carico di lavoro molto impegnativo. I primi mesi sono stati i più difficili in quanto è stato necessario adeguarsi al nuovo ambiente e organizzazione di lavoro/studio, tuttavia, con il senno di poi la capacità di farsi carico di lavoro e studio in tempi relativamente brevi ha reso l’inserimento nel mondo del lavoro molto facile e lineare.
Quale è l’aspetto che hai maggiormente apprezzato del percorso di studio?
Sicuramente la possibilità di andare a fondo sulle tematiche che mi interessavano e la possibilità di avere a disposizione le risorse del Politecnico per studiare. Dopo i primi anni che sono fondamentali per crearsi le basi concettuali e teoriche ho apprezzato molto la possibilità di addentrarmi nelle singole discipline come il consolidamento strutturale o il recupero edilizio. Un secondo aspetto che ho apprezzato è legato alla tesi in quanto è stato il primo momento in cui è stato possibile spendere tutte le conoscenze apprese negli anni precedenti.
Ci racconti un progetto a cui hai partecipato in prima persona o come collaboratore in cui hai potuto spendere le tue competenze di Ingegnere Edile-Architetto?
Me ne vengono in mente molti ma forse quello in cui ho messo più a frutto le mie conoscenze poliedriche è stato il progetto per la riapertura di Sala Bonomini a Palazzo Moroni. Il palazzo di origine quattrocentesca presentava un salone il cui solaio non era più in grado di resistere ai carichi di progetto; tuttavia, il solaio presentava da un lato un pavimento in seminato veneziano e dall’altra un’unica tela dipinta di 70 mq. Non potendo intervenire dall’alto e non potendo staccare completamente la tela dipinta (sarebbe stato impossibile riposizionarla) ho studiato con i colleghi un sistema che ha permesso di intervenire puntualmente travetto per travetto fino a consolidare l’intero solaio. Questo intervento era stato tentato e approcciato da diversi ingegneri strutturisti ma nessuno era mai riuscito a fondo a comprendere le necessità di conservazione architettonica proponendo una soluzione adeguata.