Esperienze lavorative |
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Diploma superiore | Liceo Scientifico |
Anno di laurea | 2013 |
Tesi di laurea | Shell. Strategie additive di involucro e prefabbricazione per la riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica |
Perché hai scelto di studiare Ingegneria Edile-Architettura?
Sono figlia di un artista e di un ingegnere chimico. Da adolescente mi piaceva moltissimo disegnare, sia disegno artistico che tecnico, e verso i miei ultimi anni liceali sviluppai un interesse in Architettura, anche grazie al mio brillante professore di Disegno e Storia dell’Arte. Discutendo della mia scelta universitaria con la mia famiglia, mio padre mostrò preoccupazione nel panorama lavorativo di un Architetto al tempo, e mi suggerì di muovermi sull’Ingegneria Edile. Non ero convinta, e come spesso faccio per mia testardaggine, passai giorni online fin quando non trovai il corso di Ingegnere Edile-Architettura, allora relativamente nuovo nel panorama universitario. E così è con molto entusiasmo che iniziai questo percorso ibrido, pensando che ne sarei uscita fermamente un Architetto, e invece a mia sorpresa fin da subito mi piacquero molto di più le materie ingegneristiche e analitiche.
In quale modo ti è stato utile in ambito lavorativo avere competenze sia ingegneristiche che architettoniche?
Lavoro nell’ambito dell’involucro edilizio come facciatista. La facciata è l’elemento edilizio dove si concentrano non solo un serie di requisiti tecnici e ingegneristici – come la prestazione acustica, termica, solare, antincendio, sicurezza, permeabilità ad acqua ed aria, integrità strutturale – ma è anche il biglietto da visita dell’edificio, la cui forma, ricerca dei materiali e dettagli estetici hanno un impatto nella creazione di un edificio architettonicamente rilevante. Il facciatista si interfaccia con l’architetto e con tutte le altre discipline tecniche, deve avere competetene nello sviluppo del dettaglio tecnico giustificato da calcoli di fisica tecnica e strutturale, deve conoscere la scienza dei materiali e la loro applicazione in pannelli di facciata, e non ultimo deve capire come la facciata influenza il bisogno energetico dell’edificio e il suo progetto strutturale. Il facciatista è una figura olistica che beneficia della conoscenza dei due mondi complementari di ingegneria e architettura.
Quali difficoltà hai incontrato durante i cinque anni di studio e come le hai superate?
Il corso di studi è molto intenso proprio perché ha l’obiettivo di sviluppare sia le competenze architettoniche che ingegneristiche. Lezioni tecniche di matematica e fisica, di storia dell’archiettura e contesto sociale, ergotecnica e logistica di cantiere, laboratori e progetti di gruppo riempiono tutta la giornata lavorativa. I lavori di gruppo aggiungono incertezza e complessità a un programma già molto intenso, per la naturale dipendenza dal contributo di altri.
Personalmente ho fatto fatica a sviluppare tutto con il livello di dettaglio e precisione con cui tendo a fare le cose e mi sono ritrovata a dover definire delle priorità a seconda delle mie preferenze e inclinazioni. Ho da subito notato il mio maggiore entusiasmo verso le materie ingegneristiche e la mia volontà di approfondirle. Ho per cui dovuto decidere di calibrare i miei sforzi al mio interesse, e dedicare meno tempo a materie o aspetti che mi interessavano meno.
Quale è l’aspetto che hai maggiormente apprezzato del percorso di studio?
È molto importante nel mio lavoro avere una conoscenza olistica di tutti gli aspetti che contribuiscono a un progetto dell’edificio di successo. Il corso EDA è l’unico che sviluppa le conoscenze architettoniche e ingegneristiche alla scala dell’edificio nel dettaglio. Rispetto ai miei colleghi con una formazione puramente ingegneristica o architettonica, io ed altri che hanno studiato EDA, abbiamo indubbiamente una marcia in più che ci permette di capire, coordinare e risolvere problematiche con le altre discipline.
I laboratori e lavori di gruppo sono un’esperienze particolarmente utile nel prepararsi al mondo del lavoro. Al di là delle competenze tecniche, la chiave per il successo di un progetto è senza dubbio la collaborazione con altri, sia all’esterno che all’interno della propria azienda. Testare le dinamiche di coordinazione, delegazione, compromesso, decisioni progettuali, qualità, in un contesto studentesco è estremamente importante per essere preparati a sapersi raffrontare con un gruppo di progetto.
Ci racconti un progetto a cui hai partecipato in prima persona o come collaboratore in cui hai potuto spendere le tue competenze di Ingegnere Edile-Architetto?
Scelgo un progetto simbolo di particolari aspirazioni architettoniche e complessità tecniche: il Google Headquarter a Londra. L’edificio è interamente sospeso da travi reticolari nel tetto. Questo rende il movimento nel sistema di facciata molto complesso, non solo in entità ma anche in prevedibilità. La conoscenza del comportamento strutturale dell’edificio bagaglio dei miei studi universitari è stata fondamentale per coordinare una soluzione con il team di progetto.
Un altro aspetto chiave è la volontà di leggere tre piani di ufficio come un singolo spazio esternamente in facciata. Questo vuol dire montanti lunghi 11 metri e una percentuale di vetro molto alta. Studi parametrici ci hanno aiutato a ottimizzare inclinazione e orientamento della facciata a zig-zag per schermare le porzioni vetrate, sempre consapevoli dei limiti dei materiali e della visione architettonica. Le conoscenze di fisica tecnica, materiali e architettura che EDA mi ha dato hanno reso questo processo possibile.